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27 ottobre 2020
L’A35, l’autostrada che collega Milano con Brescia, passando per Bergamo, a distanza di sei anni dalla sua inaugurazione avvenuta il 23 luglio del 2014, alla presenza di Matteo Renzi (allora presidente del governo), del ministro dei trasporti Maurizio Lupi e del governatore della Lombardia Roberto Maroni, registra il sesto anno di perdita.
Infatti, la Direttissima, che fa concorrenza, ma solo sulla carta alla “Serenissima” A4, ha registrato nel 2019 un ammanco di 49 milioni di euro, un quarto in più dell’anno precedente, attestando il totale a 277 milioni di euro in sei anni.
Un record che preoccupa i conti pubblici, soprattutto perché lo Stato ha già finanziato l’opera con un contributo di 360 milioni di euro, soldi divisi tra Governo (300) e Regione Lombardia (60).
L’opera, pensata per smaltire l’enorme traffico veicolare della sua gemella che tra gli anni ‘90 e i primi anni 2000 raggiungeva una media di 100.000 veicoli al giorno, con punte di 140.000, e con punte di 40.000 di mezzi pesanti, è stata realizzata grazie ad un finanziamento di 700 milioni da parte della Banca Europea degli Investimenti e di 820 milioni dalla Cassa depositi e prestiti, oltre agli 800 milioni iniziali.
Purtroppo, le attese di avere 60.000 veicoli al giorno per ottenere un recupero “veloce” dei soldi investiti, non si sono mai raggiunti, anzi la media si attesta solo ad un terzo.
Peraltro, questa importante arteria autostradale, che dovrebbe collegarsi con la Pedemontana e la A1 Milano-Napoli, ha un prezzo di 15 centesimi per km, a fronte dei 7 centesimi della A4.
Nonostante che siano stati aperti 22 nuovi insediamenti industriali (tra cui Amazon, DHL e altre aziende di logistica) e creando 3700 posti di lavoro lungo il collegamento, il numero di veicoli pur crescendo non riesce a fare cassa come preventivato.
Con il recente passaggio da Intesa SanPaolo alla spagnola Aleatica si spera che il gruppo iberico possa mettere ordine ai conti della società che gestisce l’autostrada, la Progetto BreBeMi, al fine di scongiurare un ulteriore finanziamento statale.
Purtroppo, la crisi economica di questi anni e, oggi con la pandemia, hanno evidenziato le lacune di un sistema politico piuttosto miope e poco lungimirante. Gli investimenti strutturali del nostro paese sono stati realizzati attingendo grandi risorse economiche pubbliche, frutto di una politica affaristica e sorda alle richieste di professionisti del settore creando “cattedrali nel deserto” e indebitando le casse statali.
Ing. Daniele Carelli.