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27 luglio 2021
Qualche considerazione sull’annosa questione…
Giunti a questo periodo estivo di vacanze scolastiche, si risolleva l’annosa questione se sia più o meno opportuno che vengano assegnati compiti da eseguire durante le vacanze: passerò in disanima alcune considerazioni di vita vissuta che aiuteranno il lettore a farsi una personale opinione.
Partiamo dal postulato (e si sa, i postulati non si discutono): assegnando i compiti durante la pausa estiva, l’alunno si tiene in esercizio e quindi torna in classe a settembre in condizioni ottimali per riprendere il lavoro scolastico. Il concetto è che il cervello deve continuamente essere tenuto esercitato per non perdere quanto ha acquisito e rielaborato, come i cardini di una porta che non arrugginiscono se la porta viene continuamente aperta e chiusa o come la RAM dinamica in un computer (se il condensatore che mantiene la carica pari all’UNO non viene continuamente rinfrescato, la carica si disperde e si passa allo stato 0).
Con questo principio in testa allora ecco allora simpatici libricini destinati ai bambini delle elementari che recitano: “Ti faremo compagnia tutta l’estate con utili esercizi che permetteranno il consolidamento e il ripasso degli argomenti svolti nello scorso anno”. Ed ecco una bella agenda settimanale con due moltiplicazioni qui, tre riassunti là e una bella serie di equivalenze che allieteranno giorno per giorno il nostro giovane discente che penso di questa compagnia ne farebbe volentieri a meno.
Per di più poi ci sono i genitori che ricordano il dovere da compiere, modello spada di Damocle. Ecco allora che nel primo giorno di vacanza piovoso (non dovrebbe mai piovere durante le vacanze, ma questo è un altro filone di argomentazione che ci svierebbe dal discorso) scatta la tagliola: “Approfitta del fatto che oggi non puoi giocare all’aperto (oltre il danno anche la beffa!) per portarti avanti con tuoi compiti” ed ecco l’alunno che, dopo mezz’ora di contrattazione, toglie quaderni e libri dalla cartella, che sembrano pesanti come macigni posati sul tavolo per misurarne l’inflessione, prende in mano la penna che sembra unta di grasso tanto non si riesca a stringerla tra le dita e comincia l’esercizio con la mente che si divide tra il mare e i monti all’orizzonte e la soluzione del quesito. (Qui il papà o la mamma ingegnere per tenere allenata la mente e condividere la sorte dell’alunno dovrebbero mettersi a calcolare la freccia del tavolo e il coefficiente di viscosità penna-dita e poi stendere una relazione in bella copia).
Passiamo agli alunni più grandi: per loro un foglio con la lista degli esercizi da svolgere, che lo studente cancellerà uno ad uno, appena eseguiti, con almeno dieci passaggi di penna e con la stessa soddisfazione del carcerato che traccia un segno sul muro contando i giorni che mancano alla libertà.
Ma vediamone la modalità di svolgimento in questo caso; l’alunno delle superiori ha diversi approcci (che sono molto legati anche alla sua passione per lo studio):
A) “Li faccio tutti subito appena finita la scuola, intanto che non sono ancora partito per la villeggiatura così me ne libero” -> L’alunno torna a settembre con la ruggine
B) “Uff! Manca una settimana all’inizio della scuola e non ho ancora fatto niente”. Si passa a fare tutta l’ultima settimana esercizi su esercizi -> L’alunno torna che è già stanco e non ha già più voglia di fare esercizi.
C) Ci si organizza in per bene. Tu fai i compiti di inglese, un altro quelli di matematica, io i riassunti di italiano e poi ce li scambiamo vicendevolmente, ricopiamo il tutto furiosamente (che gli amanuensi ci fanno un baffo) e siamo a posto -> L’alunno torna a scuola specializzato solo in una materia.
Risultato di tutte le modalità: tutti questi lavori svolti in modo dissociato tra cervello e mano che scrive e poi così frammentati nel tempo, quando due mesi dopo verranno corretti non si saprà ne il perché ne il percome di come siano stati eseguiti.
Concludendo, fosse stato un teorema, avreste capito quale sia la tesi cui volevo indurvi, ma essendo un postulato è indiscutibile, quindi applichiamolo in tutti i campi e teniamoci in esercizio per dare il buon esempio: portiamo in vacanza qualche progetto e ogni giorno facciamo dei calcoli e/o compiliamo qualche pratica, chi fa il Pompiere innaffi tutti i giorni l’orto, lo Chef chieda di poter preparare il pranzo a tutto il resort e insegnanti e maestre, se sono convinti di assegnarli, si facciano mandare settimanalmente i compiti e li restituiscano man mano corretti.
Buone Vacanze!