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11 novembre 2020
Ecco. Finalmente dopo tanta attesa, tante preoccupazioni per questo covid-19 sono arrivate le regioni rosse, gialle e verdi. Il nuovo lockdown non ha un colore unico per tutta l’Italia, ma ne ha tre, come i colori del triage del pronto soccorso.
Forse nella scelta ha pesato molto le manifestazioni e i disordini di piazza degli ultimi giorni che hanno coinvolto le grandi città, ma sicuramente non si è voluto scegliere una soluzione drastica come a marzo per non avere ripercussioni economiche.
I criteri per la scelta del colore e quindi delle misure da adottare per contrastare l’infezione da Sars- Cov2, sono ben 21, tutti con lo scopo di capire se ci sono nuovi contagi e se l’indice Rt ( quello che Gallera cercava di spiegarci simpaticamente qualche tempo fa dicendo che se è uguale a 1, allora ci vogliono due persone per infettarne una sola) supera, nelle varie provincie il valore limite di 1, tenendo conto anche delle dimensioni dei focolai e se ci sono casi importati.
Sicuramente questo nuovo lockdown che sia a colori o monocromatico poca importa, in molti concordano che si poteva anticipare e non aspettare come è accaduto.
Dal 18 settembre il governo di Israele ha imposto il suo lockdown: sino a quel momento la media dei contagi si aggirava intorno ai 4400 casi al giorno, e dopo 11 giorni di restrizioni si sono registrati più di 6200. Da allora la curva ha iniziato a scendere e ai primi di novembre la media è attorno ai 500 casi al giorno.
Un bel risultato, dato che hanno capito che bisognava muoversi per tempo.
In Italia le cose sono andate un po' diversamente.
Come al solito dopo 3 mesi di chiusura totale, la gente ha preferito muoversi andando in lungo e il largo, festeggiando la libertà ritrovata, approfittando dei vari bonus per trascorrere le vacanze o acquistando una nuova auto, tutto rigorosamente abbassando la guarda o meglio la mascherina e fregandosene degli assembramenti.
D’altra parte, il nostro sistema Governo-Regioni non ha approfittato della pausa estiva, nella quale il coronavirus, complice l’estate, faceva meno contagi che a marzo-aprile. L’indice RT era decisamente e costantemente sotto l’1, mentre i posti occupati in terapia intensiva erano sotto il 30 % del totale.
Sembrava che i nostri politici fossero più interessati al confronto, e alle volte allo scontro, che a costruire misure serie ed efficaci tali da affrontare con maggiore tranquillità l’autunno.
Si poteva intuirlo, forse capirlo dagli alti numeri di contagi che Francia, Regno Unito, Austria e altri paesi europei registravano giorno dopo giorno. E in alcuni di essi già erano stati istituiti forti restrizioni se non addirittura il blocco di tutte le attività.
Invece, dopo la solita diatriba politica, abbiamo aspettato sino ad arrivare ai giorni nostri con l’introduzione dei colori nelle regioni.
Sembrava che il sacrificio dei nostri anziani, dei nonni, di quella generazione che ha vissuto la guerra con le sue privazioni, fosse servito a qualcosa.
Abbiamo perso quelli che si nascondevano nei rifugi antiaerei e che appena l’ultima bomba caduta aveva detonato al suolo, uscivano alla disperata ricerca di qualsiasi cosa che fosse commestibile.
Abbiamo perso quei giovani che hanno visto la prima Lambretta, la fiat 500 e la 600, i primi frigoriferi, quelli che avevano lasciato il duro lavoro dei campi con quello nero e fuligginoso delle fabbriche.
Sono andati via in un sudario di plastica, mentre col sudore hanno ricostruito la nostra piccola Italia del dopoguerra.
Oggi il sacrificio è richiesto di nuovo, e non sappiamo in quanti risponderanno all’appello.
Dovremmo essere un po' tutti più responsabili.
Daniele Carelli