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25 novembre 2020

Covid, tra vaccino e test rapidi inaffidabili

Con la vittoria, in attesa di qualche ricorso alla corte Federale, di Biden alla Casa Bianca, la Pfizer, la famosa multinazionale farmaceutica statunitense della pillola blu, ha annunciato il vaccino anti-covid-19.

Nel frattempo, in Italia il Commissario per l’Emergenza Arcuri acquista dalla Corea del Sud, 10 milioni di test rapidi la cui affidabilità è messa in dubbio da un recente studio.

Tutto questo mentre sul web si diffonde la notizia che la vitamina D sia di aiuto al sistema immunitario nei pazienti covid. Ma procediamo per ordine.

È stato comunicato che il vaccino è pronto per essere prodotto; ma ciò non è corretto, in realtà abbiamo le dichiarazioni dell’amministratore della multinazionale che dicono che i primi dati sono positivi nella fase sperimentale 3. La percentuale del 90 % come dichiarata, non è del tutto attendibile se si pensa che l’annuncio avviene solo dopo una settimana dalla somministrazione della seconda dose. Dunque si dovrà attendere il completamento di questa fase e il prossimo 10 dicembre quando la Food and Drug Administration ("Agenzia per gli alimenti e i medicinali", abbreviato in FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti d'America, deciderà per l’utilizzo del vaccino in emergenza. Oggi, non possiamo sapere se il vaccino anti covid sarà quello annunciato dalla Pfizer- BionTecho o dalla Moderna o forse ci sarà una concomitanza di antidoti diversi.

Sicuramente, le attuali sperimentazioni hanno in comune una nuova classe di vaccini, utilizzano la mRNA, cioè usano una parte del codice genetico del virus in un vettore quale delle goccioline lipidiche da iniettare nel corpo umano, in modo da stimolare la produzione di opportuni anticorpi. In questo modo, rispetto all’utilizzo di virus inattivati, si hanno rischi minori per i vaccinati non avendo agenti infettanti; inoltre, grazie a questo sistema, nel corpo umano si produce la proteina spike, quella che permette al virus di agganciarsi alle nostre cellule, e quindi darà una garanzia anche contro qualsiasi variazione genetica del virus stesso. In Italia, si diceva che sono stati acquistati, attraverso due bandi 5 milioni di test rapidi covid-19  (provenienti dalla Corea del sud) a € 3,05 e altri 5 milioni a € 3,50, spendendo complessivamente 32.750.000 euro. Peccato che, in merito a questi test rapidi, uno studio pubblicato su The Lancet dimostra che sono tutt’altro che affidabili, anzi pericolosi, poiché su 10 positivi solo 4 sono stati individuati, mentre gli altri 6 sono falsi negativi. È di questi giorni la notizia, poco fondata, che la somministrazione della vitamina D aiuta i pazienti covid. In realtà lo studio ha evidenziato che i soggetti con gravi sintomi avevano livelli vitaminici molto bassi, mentre tutti i soggetti sono riconducibili ad una area geografica dell’India, per la quale la popolazione è già carente di questa vitamina.

Ora, al di là di probabili soluzioni a questa pandemia, in Italia, si poteva pensare in maniera seria ad una strategia simile a quella cinese dopo il lockdown. Essi sono ricorsi al tracciamento su larga scala e a test molecolari di massa; lo stesso è stato fatto a Taiwan, Vietnam, Corea, Singapore, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia e Finlandia. In Italia, invece non si capisce perché non sia stato fatto.

Daniele Carelli