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15 settembre 2020

Scuola e Covid. L’opinione di un nostro Collega.

Finalmente la scuola riapre ai suoi studenti.

A parte qualche regione come la Campania e la Puglia dove hanno posticipato l’inizio dell’anno scolastico, per via delle elezioni regionali, in tutta l’Italia gli studenti di ogni età, dopo mesi di forzata sospensione delle lezioni fanno ritorno ai loro banchi.

Non è facile ricominciare, la paura di una richiusura è forte. La scuola è il luogo in cui, in caso di infezioni delle vie aeree come quella da Sars-Covid 2, i contagi possono essere avere andamenti esponenziali poiché queste malattie si diffondono in tutti i tessuti sociali: i bambini ed i ragazzi possono diventare veicolo di infezione per genitori e nonni con estrema facilità.

In questi mesi estivi c’è stato un grande dibattito politico sul tema della riapertura delle scuole, interessando molto l’opinione pubblica.

Il primo nodo da sciogliere è stato quello del distanziamento sociale. Ogni scuola ha provveduto ad istituire un gruppo di lavoro che fosse capace di individuare spazi idonei a svolgere le lezioni in piena sicurezza sanitaria e a scompattare le classi numerose al fine di garantire la compartimentazione.

Il titolare del dicastero della Pubblica istruzione, dal canto suo, ha acquistato diverse migliaia di mono-banchi con rotelle innescando una polemica che vede coinvolti attraverso i social molti genitori.

La regione Lombardia ha emanato un’ordinanza con la quale in tutte le scuole e sino al 15 di ottobre, è obbligatorio misurare la temperatura corporea di alunni e genitori se si vuole accedere.

Rimane l’obbligo della mascherina in ingresso ed uscita dalla scuola, oltre ad indossarla per muoversi all’interno di essa. Sono esonerati i bambini sotto i 6 anni e i soggetti che hanno patologie per le quali la stessa mascherina è controindicata.

In realtà, l’impressione generale è che questi interventi siano dettati più dalla voglia di dare delle risposte politiche che da una vera e propria strategia sanitaria.

Lo stesso prof. Galli, infettivologo al Sacco di Milano, afferma che nelle scuole italiane manca la figura del medico sanitario. Manca, cioè il medico, che pur non essendo presente in tutti i plessi scolastici di sua competenza, viene informato dei casi di febbre superiore ai 37,5. Individua le classi interessate, decide se porre gli alunni in quarantena e opta per il tampone. E solo dopo aver ottenuto i risultati dei test decide su chi può rientrare a seguire le lezioni. Inoltre, lo stesso medico avvisa le AST territoriali e fornisce la tracciabilità dei contagiati, al fine di porre in quarantena preventiva possibili ulteriori contagiati.

E sicuramente i medici che possono svolgere questo compito non mancano. Solo in Lombardia ci sono 3000 medici precari e 15.000 in tutta Italia.

Inoltre, la stessa figura medica garantirebbe, in tempi normali un presidio medico scolastico, nel quale svolgere prevenzione ed educazione sanitaria.

Il medico in questione dovrebbe insegnare le elementari norme igieniche, alimentari e comportamentali.

Prevenire eventuali focolai di infezione intervenendo in maniera tempestiva. E potrebbe, a mio avviso coincidere con il medico competente stabilito dall’articolo 2, c.1 lettera H del D.Lgs 81/2008 sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.

Si potrebbe estendere al medico competente che si occupa della situazione sanitaria dei lavoratori della scuola, di occuparsi anche degli alunni sia in situazioni di emergenza che di ordinaria amministrazione.

Evitando di sovraccaricare le AST di questa incombenza.

Sarebbe, quindi necessario uno sforzo legislativo per estendere le funzioni del medico competente e allo stesso tempo è necessario un impegno economico per formulare le assunzioni nelle scuole italiane, considerato che, ancora oggi molte istituzioni scolastiche per mancanza di fondi non hanno il medico in questione.

 

Daniele Carelli