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13 settembre 2021

Smart working, una risorsa o una battaglia?

 

Una riflessione dopo le dichiarazioni del Ministro della Pubblica Amministrazione che lo riduce ad un lavoro a domicilio. 

Non perde occasione il Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta  per prendersela con lo “smart working” nella Pubblica Amministrazione (PA), chiamandolo con il termine di “lavoro a domicilio”. E’ questo ora la sua battaglia, dopo aver insistito sui “lazzaroni” della PA, un termine che ha applicato sostanzialmente ad ampio spettro, partendo dai casi limite che certamente non hanno alcuna giustificazione, ma che non ha certo reso merito a quanti si impegnano tutti i giorni per mandare avanti una PA dove – per fare un esempio concreto - cambiare un computer ultra decennale diventa spesso una vera impresa. Anche per lo smart working la questione va analizzata senza schemi mentali ma valutandolo per quanto può offrire nell’Anno Domini 2021 dove la tecnologia consente di ridurre inutili perditempo di tutti i Cittadini siano essi della PA o meno. Si pensi – ad esempio – a pratiche amministrative come le certificazioni dell’anagrafe, il cambio del medico di base, le pratiche per l’auto  - dove è corretto garantire una presenza fisica di un addetto allo sportello per dare una mano se non due a chi non ha padronanza e dimestichezza con PEC, SPID etc.. – ma una discreta parte di una popolazione che ha una scolarità comunque sempre più alta ed una dimestichezza con le nuove tecnologie non paragonabile agli over sessanta, riesce a fare tutto senza perdere tempo ed anche soldi in spostamenti. Un ritorno indietro a tutti in ufficio come si evince dalle intenzioni ministeriali ricorda una PA delle “mezze maniche” dei film in bianco e nero degli anni cinquanta.

 

Valter Aristodemo Artelli, direttore editoriale.